Monday, September 17, 2007

Condannati a morte in ventitrè minuti



Essere giornalisti nella Repubblica Islamica di Mahmoud Ahmadinejad, soprattutto se non allineati con l’attuale governo, è un reato grave. Lo hanno denunciato proprio in questi giorni 120 tra le più prestigiose firme del giornalismo iraniano, in una lettera indirizzata al governo, nella quale denunciano le forti pressioni che subiscono ogni giorno nell’esercizio della loro professione. L’associazione Reporters sans frontières continua a definire la Repubblica Islamica «la più grande prigione dei giornalisti nel Medio Oriente». L’Iran ha anche un altro primato, quello di essere il secondo paese, preceduto solo dalla Cina, per il numero delle condanne a morte eseguite, che sono ormai quotidiane. Le grandi agenzie internazionali aprono i loro notiziari trasmessi da Teheran con la notizia della condanna, o delle condanne, eseguite o emesse in giornata. Due di queste condanne emesse recentemente dal Tribunale della Rivoluzione di Sanandaj, nel Kurdistan iraniano, riguardano due giovani curdi. Adnan Hassanpour e Hiwa Boutimar, ex redattore del settimanale Asu, chiuso nell’estate del 2005 dopo alcune manifestazioni nelle città curde, per la sola ragione di aver informato la cittadinanza delle richieste dei manifestanti, sono stati condannati, lo scorso 17 luglio, alla pena di morte. Sono stati definiti dalla corte rivoluzionaria mohareb, nemici di Allah. Non sono i primi a essere condannati per questo reato che non è mai stato definito nel codice penare iraniano. Sono nemici di Allah i trafficanti di droga, gli omosessuali, i laici e i controrivoluzionari. Praticamente tutti possono essere definiti nemici di Allah, a maggior ragione se, come Adnan e Hiwa, si tratta di giornalisti, ambientalisti, laici e socialisti. Adnan e Hiwa sono stati condannati in un tribunale a porte chiuse: non era consentito essere presenti nemmeno agli imputati e ai loro due avvocati. I due difensori hanno appreso della condanna a morte per impiccagione dei loro assistiti solo dopo che le famiglie dei due giornalisti avevano ricevuto la comunicazione giudiziaria. Adnan e Hiwa, trasferiti qualche giorno prima del processo, durato 23 minuti, dal carcere della loro città, Marivan, al centro di detenzione del ministero dell’Intelligence a Sanandaj, hanno saputo della loro condanna a morte casualmente e una settimana dopo. Da allora hanno iniziato uno sciopero della fame, che dura ormai da due mesi. Ahmad Rafat Appello per Adnan e Hiwa

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