Saturday, May 26, 2007

Il fuoco amico

Erano stati uccisi a Baghdad, a un checkpoint dell'esercito Usa, nel marzo 2004. Ali al Khatib e Ali Abdul Aziz, corrispondente e cineoperatore di al Arabiya, stavando andando in macchina verso l'hotel Burj al-Hayat, che era stato colpito da alcuni missili.Una inchiesta del Pentagono aveva concluso che i due giornalisti iracheni si erano trovati in mezzo al fuoco incrociato, e la loro morte era stata provocata da "fuoco indiretto", mentre l'obiettivo delle forze Usa era una Volvo Bianca, che non aveva rallentato nell'avvicinarsi al checkpoint.L'inchiesta aveva scagionato i soldati americani coinvolti nell'incidente, dicendo che la sparatoria "era giustificata in base alle regole d'ingaggio vigenti", e che gli operatori della televisione araba non erano stati colpiti di proposito.Ora le conclusioni dell'inchiesta, che risale a fine marzo 2004, sono state messe in discussione dal Committee to Protect Journalists (CPJ), una organizzazione di monitoraggio dei media con sede a New York, che è riuscita a procurarsi il rapporto del Pentagono, e ne ha sottolineato le numerose contraddizioni.“Salutiamo con favore il fatto che questo rapporto investigativo, che getta luce su un tragico incidente, sia stato reso pubblico”, dice il Direttore esecutivo del CPJ, Joel Simon, in un comunicato diffuso dall'organizzazione. “Tuttavia, il fatto che i resoconti dei diversi testimoni non collimino del tutto fra loro è preoccupante, e lascia aperta la possibilità che informazioni potenzialmente dannose siano state ignorate o non considerate appieno".Nel documento con cui il CPJ controbatte alle conclusioni dell'inchiesta del Pentagono con una ricostruzione assai dettagliata dei fatti vengono sottolineate in particolare tre questioni. OsservatorioIraq Questa storia mi ricorda qualcosa... Topoandrea

Le frontiere dell'indifferenza



Mi piace pensare che l’orma impressa sulla copertina di questo libro sia quella delle scarpe rotte ritratte sulla copertina di un libro che amo molto: “In viaggio con Erodoto” di Ryszard Kapuściński. Ma non è solo una mia impressione. Il testo di Mauro Sarti, che esce in questi giorni per i tipi della Carocci, registra il fenomeno italiano di un giornalismo con la G maiuscola, il cui massimo rappresentante è stato il grande inviato polacco. Non servono scuole, né grossi maestri per fare giornalismo sociale. Serve passione per la professione, amore per i deboli, e voglia di varcare la frontiera. Le frontiere. Quelle dell’indifferenza, prima di tutto. Robbirossi

Thursday, May 24, 2007

Fare giornalismo

“Io credo nella gioventù che vuol fare giornalismo, ma il giornalismo come l’ho fatto io, come lo faceva Terzani: il giornalismo fatto con la suola delle scarpe. Quello è ancora il giornalismo. Voi giovani siete in qualche modo frenati dalla tecnologia. La tecnologia ti da l’idea che schiacciando due bottoni hai tutto. No, tu devi andare sulla strada, anche in cronaca. Bisogna andare fuori a vedere se c’è stato un incidente e vederlo, odorarlo, sentire cosa dice una persona o un’altra. È la testimonianza diretta in assoluto la cosa più importante. Non si può aggirare la testimonianza diretta. Mai. Se voi vi illudete che i mezzi tecnologici sono tali che vi consentono di fotografare una realtà, piccola o grande, all’interno o all’estero, siete degli illusi. Bisogna andare sul posto, bisogna vivere delle situazioni, per poter raccontare, altrimenti non racconti un… non racconti niente”. Ettore Mo (ricordando Tiziano Terzani)

La censura israeliana

L'esercito israeliano ha effettuato una dura perquisizione nei locali di cinque stazioni radio e televisive della città di Nablus, nel nord della Cisgiordania. Alcuni dei media perquisiti hnno cessato le emissioni a causa della confisca di parte del loro equipaggiamento. Ancora una volta l'esercito israeliano è ricorso a metodi di intimidazione (distruzione di materiale audiovisivo e confisca di computer) per fare pressione su quei media che vengono giudicati ostili allo stato di Israele. (Rsf)

Wednesday, May 23, 2007

Iraq, come proteggere i media

Di fronte a una situazione che si fa ogni giorno più insostenibile, i giornalisti e gli operatori dell'informazione iracheni hanno deciso di non restare più a guardare. E di organizzarsi.Una strategia nazionale per la sicurezza dei media è il risultato del convegno di due giorni che si è tenuto il 10 e l'11 maggio ad Arbil, nella regione a maggioranza kurda del nord Iraq – finora rimasta relativamente al riparo dalla violenza che infuria nel resto del Paese.Dall'iniziativa è uscito un "manifesto", che descrive una serie di azioni specifiche da promuovere per tentare di proteggere giornalisti e operatori dei media, o quantomeno ridurre i rischi che oggi incontrano nello svolgere il proprio lavoro.Lo strumento che gli operatori dell'informazione iracheni hanno deciso di darsi è una rete per la protezione dei media (IMSG) – un gruppo indipendente che sarà composto da rappresentanti della comunità irachena dei media (compresi anche giornalisti stranieri le cui testate abbiano una presenza significativa in Iraq) e avrà il compito di dare attuazione al programma messo a punto nell'incontro. (...) Nel frattempo, il governo iracheno ha iniziato a mettere in pratica la recentissima direttiva del ministero degli Interni, che vieta a fotografi e cineoperatori di recarsi sul posto quando avvengono attentati.Il 15 maggio, nella centrale piazza Tayaran, a Baghdad, la polizia ha sparato in aria per disperdere un gruppo di giornalisti che si erano radunati dopo l'ennesima esplosione, in cui erano rimaste uccise almeno sette persone.Le nuove disposizioni sono state condannate sia da Reporters sans Frontières che dall'International News Safety Institute (INSI) - due organizzazioni internazionali che lavorano per la libertà e la sicurezza dei media. Osservatorioiraq

Tuesday, May 22, 2007

A Caracas contro la chiusura della tv



Migliaia di persone dietro uno striscione lungo un chilometro, alto un metro e venti e pesante 180 chili. Il più grande mai confezionato in Sudamerica. Recitava: "Libertà di espressione SOS" in sei diverse lingue. Giornalisti, operatori del settore dei media, studenti di scienze delle comunicazioni venezuelani sono di nuovo scesi in piazza oggi a Caracas in difesa della libertà di stampa. Tra una settimana, infatti, scadrà la concessione per la televisione venezuelana Rctv, che il governo del presidente Hugo Chavez ha annunciato di non voler rinnovare. Rctv, un'emittente popolarissima - la sola a coprire tutto il territorio venezuelano insieme a Vtv - che va in onda dal 1953, è considerata troppo critica dal presidente, che l'accusa anche di aver simpatizzato con il colpo di stato che cinque anni fa l'aveva spodestato per due giorni. Repubblica.it

Monday, May 21, 2007

Altre tre reporter uccisi in Iraq

Due giornalisti iracheni, Aziz Alaa Uldeen, 33 anni, e Yousuf Saif Laith, 26 anni, che da molti mesi lavoravano per la catena americana ABC, sono stati uccisi nella capitale irachena. I due erano a bordo della loro vettura quando sono stati accerchiati da altri veicoli dai quali sono scesi uomini armati che dopo aver fatto scendere i due giornalisti li hanno rapiti. I corpi senza vita dei due reporter sono stati ritrovati il giorno dopo nell'obitorio dell'ospedale Yarmouk, dove vengono quotidianamente raccolte le decine di salme di uomini e donne uccisi ogni notte. Terry McCarthy, inviato dell'ABC, ha così commentato il duplice omicidio: "i giornalisti iracheni sono i nostri occhi e le nostre orecchie in Iraq. Senza di loro saremmo ciechi e non potremmo sapere nulla di quello che accade nel Paese. Sono uomini coraggiosi".
Ali Khalil, giornalista di 'Azzaman', uno dei più popolari quotidiani nazionali iracheni, viene rapito e ucciso nella zona meridionale di Baghdad. Sale a 26 il bilancio degli operatori dei media uccisi nel Paese solo quest'anno, 167 dall'inizio della guerra.

L'ombra lunga del Cremlino

La notifica, datata 18 aprile, è arrivata all'Unione russa dei giornalisti (Ruj) solo il 15 maggio scorso dall'agenzia delle proprietàstatali'Rosimushchestvo':"Avete un mese di tempo per liberare gli uffici dove ha sede il vostro quartier generale". Ricevuta l'intimazione a distanza di appena tre giorni dalla scadenza, il più grande sindacato russo, che tutela oltre centomila giornalisti, ha opposto un fermo rifiuto: "Non ci muoviamo". La battaglia legale tra lo Stato e il sindacato è iniziata alla vigilia della annuale conferenza della Federazione internazionale della stampa, che si terrà il 28 maggio nella sede della Ruj sottoposta a sfratto. Circa un migliaio di giornalisti si riuniranno per discutere della sicurezza dei giornalisti e della 'crisi dell'impunità' per coloro che perseguitano - e a volte uccidono - gli operatori dell'informazione in Russia. L'ennesimo attacco contro la libertà di stampa è stato definito dalla Ruj come un sabotaggio della conferenza, e ha ricevuto le condanne delle principali organizzazioni che difendono il lavoro e l'attività dei giornalisti. Il comunicato emesso dalla Ruj accusa l'ente governativo - che possiede pacchetti azionari in tutti i settori-chiave dell'economia russa, dal gas ai diamanti - di "gettare in mezzo a una strada un'organizzazione che ha 90 anni di storia, che ha contribuito alla costruzione della democrazia e che ha difeso senza compromessi gli interessi della categoria, i diritti costituzionali e le libertà civili della popolazione". PeaceReporter

Friday, May 18, 2007

Morti due giornalisti in Somalia

Una delegazione guidata dal governatore della regione del Moyen-Shabelle (centro-sud del Paese), che si stava recando in una località per tentare una mediazione che ponesse fine agli scontri, tra due clan rivali che si stavano affrontando per il possesso di un terreno, scontri che hanno già prodotto 16 morti, è stata aggredita da uomini armati che le hanno teso una imboscata. Nella vettura che guidava il convoglio vi erano due giornalisti che lavoravano per Radio Jowhar - Abshir Ali Gabra e Ahmed Hassan - che sono morti sul colpi. Uccisi anche sei guardie del corpo del governatore. Dall'inizio dell'anno sono quattro i giornalisti morti nel Paese. Il segretario dell'Unione nazionale dei giornalisti somali (NUSOJ, Omar Faruk Osman, ha così commentato: "temiamo che la Somalia diventi un piccolo Iraq, dove i giornalisti muoiono uno dietro l'altro nella più totale impunità".

Thursday, May 10, 2007

Una vittima anche in Brasile

Luiz Barbon Filho, giornalista per la radio “Porto FM” e redattore del “Jornal do Porto” e “JC Regional” è stato ucciso con due colpi di pistola esplosi a bruciapelo da due uomini mascherati. L’omicidio, che per la sua dinamica ricorda un’esecuzione, è avvenuto in un bar del quartiere di Porto Ferriera, nello stato di San Paulo. Filho è deceduto in ospedale in seguito alle sue ferite. La polizia locale sta investigando per determinare se la morte del giornalista sia legata al suo lavoro. Secondo fonti locali, il cronista aveva molti nemici in città a causa di alcuni suoi servizi riguardanti casi di corruzione delle autorità pubbliche.(IPYS)

Ucciso giornalista in Somalia

Il giornalista Mohammed Abdullahi Khalif, che collaborava per la stazione radio Voice de Galkayo, è stato ucciso nella regione del Puntland (nord-est del Paese). Il giornalista si trovava presso un mercato dove si vendono armi per un reportage quando un gruppo di militari è penetrato nel mercato pare per recuperare un'arma rubata alla polizia. Nello scontro a fuoco che è seguito il giornalista è stato raggiunto da un colpo di fucile ed è morto sul colpo. Omar Faruk Osman, segretario generale della National Union of Somali Journalist ha dichiarato che si è trattato di una "tragedia che mostra a che punto la sicurezza dei giornalisti somali sia in pericolo". Mohammed Abdullahi Khalif è il secondo giornalista ucciso nel 2007 in Somalia. Nel febbraio scorso Ali Mohammed Omar, presentatore di Radio Warsan era stato assassinato nell città di Baidoa.

Iraq, continua il massacro

Quattro giornalisti sono stati uccisi stamani da miliziani a bordo di un'auto senza targa che hanno aperto il fuoco contro la loro vettura ad Al- Rashad, una cittadina nei pressi di Kirkuk (il centro petrolifero 255 km a nord-est di Baghdad). I miliziani hanno bloccato la strada lungo cui stava viaggiando l'auto con a bordo i giornalisti, impegnati in un reportage a Rashad (25 km a sud-ovest di Kirkuk), e l'hanno crivellata di proiettili. Uno dei quattro giornalisti uccisi era responsabile della Lega dei letterati e degli scrittori di Kirkuk. Tra i quattro giornalisti iracheni uccisi figurano anche due fratelli, Imad e Nibras al-Obeidi. Imad al-Obeidi era redattore del gruppo editoriale Al-Raad (Tuono), mentre il fratello Nibras era il conducente della vettura con a bordo i giornalisti uccisi nell'agguato vicino alla cittadina di Al-Rashad (25 km. a sud-ovest di Kirkuk). Gli altri due giornalisti uccisi erano Raad Mutashar, capo redattore del settimanale 'Iraq Ghadam' (Iraq Domani), e Akil Abdelkader al-Wael, redattore dello stesso settimanale. Salgono a 23 gli operatori dei media morti quest'anno in Iraq, 164 dall'inizio della guerra.

Monday, May 07, 2007

L'ultimo Kapuscinski



Ryszard Kapuściński, autore di memorabili reportage dall'Africa, dall'Asia, dal Sudamerica – tradotti in trenta lingue (in Italia è pubblicato da Feltrinelli) – incontra a Bolzano, nell'ottobre del 2006, nel suo ultimo viaggio (il grande reporter polacco muore nel gennaio 2007), un gruppo di studenti trentini che avevano letto e discusso i suoi libri. Ne nasce un dialogo intenso e sincero che affronta i grandi temi del nostro tempo: la globalizzazione, l'incontro-scontro tra le culture, l'urgenza della reciproca comprensione, la povertà e le disuguaglianze, la democrazia, la rivoluzione, la vita quotidiana dell'umanità semplice ignorata dai media, il dominio di internet; e poi il deserto, il silenzio, il caldo torrido, il freddo paralizzante, Dio, la poesia, la guerra,... Quasi un «testamento morale». “Ho dato voce ai poveri” editrice Il Margine Il libro sarà presentato sabato prossimo, 12 maggio, alla Fiera di Torino. Interverrà Ettore Mo.

Sunday, May 06, 2007

Morto fotografo russo in Iraq


Un fotografo russo e' stato ucciso nella provincia di Dyala, in Iraq. La conferma e' arrivata all'agenzia Interfax dall'ambascitore di Mosca a Bagdad. Il fotoreporter, Dmitry Chebotayev, si trovava ieri all'interno di un mezzo blindato statunitense esploso su una mina. Nell'attentato avevano perso la vita anche sei militari Usa. L'uomo, che lavorava per l'edizione russa del noto settimanale Newsweek, e' il primo giornalista di Mosca morto in Iraq. Il sito

Saturday, May 05, 2007

La lezione di Montanelli


Ciò che distingue scrittore da scrittore e crea fra di essi una scala di valori è il modo in cui questa ambizione viene perseguita. Io non ho la pretesa di esporre delle teorie sul piano filosofico. Io sono soltanto un mestierante. Ma un mestierante che, esercitando il suo mestiere da oltre 65 anni, è probabile che alcune cose le abbia capite.

PRIMA REGOLA - La prima cosa da conquistare come condizione di tutte le altre conquiste è la fiducia del lettore (sto parlando naturalmente dei cosiddetti mass media, non di letteratura, poesia, eccetera dove vigono altre regole). E questa conquista la si fa non ricorrendo mai ai falsi, che prima o poi vengono scoperti, e da quel momento è meglio cambiar mestiere. L’idea di conquistare il lettore con le montature sensazionalistiche dei fatti può funzionare sulla breve distanza. Su quella lunga, procura solo discredito. Sia chiaro che, quando si deve riferire su un fatto mentre accade, si può cadere in qualche inesattezza. Niente paura. Se, appena te ne accorgi, lo riconosci pubblicamente e ne chiedi scusa al lettore, questi ti perdona.

SECONDA REGOLA - Seconda regola. Parlare al lettore nella sua semplice lingua, non in quella sussiegosa dell’Accademia, peste e dannazione di una cultura come quella nostra che per questo non è mai riuscita a diffondersi come sarebbe stato suo primo dovere di fare. Noi dobbiamo essere e restare al servizio del lettore, e in senso non astratto, ma concreto in quanto è lui che ci mantiene comprando i nostri giornali e libri. Ciò non vuol dire secondarne gli errori o almeno quelli che a noi sembrano tali. Significa soltanto cercar di correggere l’errore senza mancare di rispetto a chi lo commette.

TERZA REGOLA - Terza regola, un po’ ruffianesca. Nel resoconto di un avvenimento, non far sentire al lettore l’opinione che te ne sei fatto. Che te ne sia fatta qualcuna, è inevitabile; e chi lo nega, o è un imbecille o è un bugiardo. Ma non si può né si deve imporla al lettore; bisogna lasciargliela suggerire dai fatti secondo il modo in cui gli si raccontano. I fatti vanno raccontati tutti: chi ne censura qualcuno è un disonesto che come tale prima o poi viene smascherato. Ma anche facendolo col massimo scrupolo, e perfino usando le stesse parole, si possono dire cose diverse, e anzi opposte. Per esempio, se io dico di qualcuno: «È una grande canaglia, ma molto intelligente», dico che la sua intelligenza fa premio sulla canaglieria e quindi ne do un giudizio in fondo positivo. Se dico: «È intelligente, ma una grande canaglia», ne do un giudizio negativo. Ecco: questa scelta dell’ordine dei fattori è l’unico arbitrio che noi «comunicatori» possiamo consentirci nei nostri resoconti su uomini e fatti. Indro Montanelli Questo testo è pubblicato nel volume «Come si scrive il Corriere della Sera» (Edizioni Rizzoli)


Montanelli e’ morto sei anni fa. Non ho mai avuto la fortuna di conoscerlo di persona. Ma gli ho scritto. Fu, molto tempo fa, dopo la liberazione del piccolo Farouk, ricordate? Io avevo dato la notizia in anteprima raccogliendo le confidenze del superbandito Graziano Mesina. Ci furono polemiche. Mi salvarono alcune grandi firme. Intanto, Montanelli che fece addirittura un editoriale su “Il Giornale” che allora dirigeva per difendermi. Lo conservo, naturalmente, per i nipotini. Gli scrissi allora una lettera di ringraziamento, piu’ o meno di questo tenore: “Molte grazie, ma in fondo Le spettava. Se faccio questo mestieraccio la colpa e’ Sua. E’ lei che mi ha trasmesso la passione”. E’ vero.

Friday, May 04, 2007

La signora coraggio

Dal sito del Consiglio d'Europa (Rif. 275i(2007)

03.05.2007 - Giornata mondiale della libertà di stampa: a sette mesi di distanza, non sappiamo ancora chi ha ucciso Anna Politkovskaya

Dichiarazione di Terry Davis, segretario generale del Consiglio d’Europa
Strasburgo, 03.05.2007 – A distanza di sette mesi dal brutale assassinio della giornalista russa Anna Politkovskaya, avvenuto di fronte alla sua abitazione a Mosca, non conosciamo ancora chi ha commesso tale omicidio o chi l’ha ordinato. Purtroppo, negli ultimi anni, l’assassinio di un giornalista russo non rappresenta un caso isolato e il fatto che, finora, pochissime inchieste relative a tali omicidi abbiano raggiunto una conclusione, è sempre più preoccupante. Non è necessario che l’impunità per i crimini contro i giornalisti sia intenzionale per soffocare la libertà di espressione.Come Stato membro del Consiglio d’Europa, la Federazione russa è tenuta al rispetto delle libertà fondamentali garantite dalla Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo. Si tratta dei diritti e delle libertà di tutti i cittadini russi: se le autorità russe riusciranno o meno a trovare e punire gli assassini di Anna Politkovskaya, saranno i cittadini russi che, in definitiva, vinceranno o perderanno.”

Libertà per Monem


In carcere da oltre due settimane il giornalista che in Egitto ha traghettato l'Ikhwan su Internet. La blogosfera egiziana si mobilita. Il mondo no (nella foto, il banner della petizione per liberare Abdel Monem Mahmoud). “La gente non ha bisogno di qualcuno che le parli delle preghiere o del velo. Dobbiamo cambiare il nostro discorso politico. Dobbiamo insegnare alla gente a pretendere la libertà e la vita come persone libere. La libertà è più importante che riempire i pacchi dono per il Ramadan. Lottare per la libertà è più importante che appiccicare sui muri manifesti che chiedono preghiere. La libertà è la priorità ultima”. Parola di Abdel Monem, il blogger divenuto l’icona della nuova generazione dei Fratelli musulmani egiziani. Era stato lui a traghettare l’Ikhwan su Internet, a spingere per un sito in inglese che mettesse nella realtà virtuale le posizioni del più grande movimento di massa islamista di tutto il mondo arabo. Era stato lui, soprattutto, a far emergere l’altra faccia della Fratellanza: i giovani, quelli che sino a qualche mese fa erano totalmente coperti dal peso dell’establishment, dai vecchi e dalla generazione dei cinquantenni. Di lui, la blogosfera egiziana sapeva tutto. Perché aveva dato prova di quanto fosse lontano dagli stereotipi sviluppando il suo diario virtuale personale, che già dal nome – Ana Ikhwan, Io Sono un Fratello – dice tutto. Io sono un fratello musulmano, e ora vi spiego chi siamo: la sostanza del suo sito era quella. E come se non bastasse, a smentire gli stereotipi c’erano anche le foto. Le foto di un giornalista di 27 anni, capelli corti, giacca e camicia all’occidentale, molti sorrisi miti. Tutto, insomma, salvo lo stereotipo del “fratello”: niente barba, insomma, e niente galabeyya. Forse è stata proprio questa evidente autonomia, questa ondata di novità a creare attorno ad Abdel Monem Mahmoud una ondata di simpatia da parte degli altri blogger, di tutte le casacche politiche o ideologiche. Lettera22

Wednesday, May 02, 2007

Pakistan, fotografo muore in attentato

Mehboob Khan, giovane fotografo freelance, è rimasto ucciso in seguito all’esplosione di un’autobomba che aveva come obiettivo il ministro degli Interni Aftab Khan Sherpao. L’attentato è avvenuto nella provincia nord-occidentale del distretto di Charsadda (nord-ovest del Paese). L'esplosione ha ucciso altre 27 persone. Altri quattro giornalisti sono rimasti feriti nell’esplosione. In una nota di protesta l'associazione Reporters sans frontières ha affermato che “gli attentati dinamitardi contro obiettivi civili sono agghiaccianti. Il loro scopo è quello di menomare e uccidere indiscriminatamente, e pongono un serio problema di sicurezza per coloro che, come fotografi e cameraman, devono seguire i politici da vicino. Gli istigatori di attentati suicidi dovrebbero essere processati come criminali di guerra”.

Egitto, cronista condannata


Una giornalista egiziana di Al-Jazeera, Howeida Taha, è stata condannata oggi in contumacia da un tribunale egiziano a sei mesi di prigione e a una multa per 'aver attentato agli interessi nazionali del Paese'. La produttrice televisiva è stata condannata per un suo programma nel quale documentava il trattamento degli egiziani nei commissariati di polizia. Howeida Taha stava facendo un documentario, aveva registrato le testimonianze delle vittime di tortura ed aveva dei video che documentavano la brutalità della polizia. La polizia l’aveva arrestata all'aeroporto l’ 8 gennaio mentre andava a Doha ed aveva confiscato 50 videotape, secondo il sito di Al-Jazeera che inoltre ha detto che la reporter aveva informato precedentemente il Ministero interno del suo progetto ed aveva ricevuto i permessi richiesti. La giornalista era stata poi liberata in fase istruttoria e ora si trova in Qatar. Mericonci

Tuesday, May 01, 2007

Sempre meno libertà


La libertà di stampa ha conosciuto un netto arretramento nel mondo durante il 2006, tendenza particolarmente allarmante in Asia, in America Latina e in Russia, sottolinea uno studio della Freedom House pubblicato oggi. L'organizzazione di difesa delle libertà con base a Washington si preoccupa in particolare delle restrizioni imposte ai siti internet, in Russia per esempio dove il governo ha accresciuto gli sforzi "per marginalizzare ancora di più la voce dei media indipendenti". Cina, Vietnam, Iran, anche loro continuano a imprigionare giornalisti indipendenti e 'cyberdissidenti', aggiunge il bilancio 2006. I colpi contro i media sono inevitabilmente seguiti da colpi alle istituzioni democratiche". L'arretramento della libertà di stampa è un segno che turba profondamente per il fatto che la democrazia stessa è aggredita nelle regioni del mondo cruciali", dice Jennifer Windsor, direttrice di Freedom House. Nel totale, su 194 paesi esaminati, 74 sono considerati come "liberi", 58 "parzialmente liberi", il che significa che solo il 18% della popolazione mondiale ha una stampa libera. Da notare il ritorno dell'Italia tra i paesi "liberi". I cinque Paesi che rappresentano "il peggio del peggio", secondo lo studio, sono la Birmania, Cuba, la Libia, la Corea del Nord e il Turkmenistan.
Il rapporto di Freedom House