Monday, April 30, 2007

Sri Lanka, ucciso giornalista


Selvarajah Rajivarnam giornalista del quotidiano 'Uthayan', uno dei media in lingua tamil più toccati dall'ondata di violenza, è stato assassinato ieri da un killer a bordo di una moto mentre in bicicletta stava raggiungendo gli uffici del giornale. Rajivarnam, 25 anni, si occupava di cronaca, e scriveva regolarmente sui numerosi crimini che si susseguono senza sosta nell'isola.

29 dicembre 2005. A Trincomalee, a nord, la tensione e’ molto forte. Al dramma dello tsunami si aggiunge il ritorno dello scontro decennale con i tamil. Siamo arrivati, con un piccolo aereo, a ridosso dello zona controllata dalle tigri, ci sono check point ad ogni angolo di strada, in ogni vicolo, dopo gli attentati dei giorni scorsi. (...)

Una giornata per la libertà


“Un commosso omaggio alla memoria di Adjimal Naskhbandi , il collega che collaborava con Mastrogiacomo ed è stato assassinato dai Talebani . Un atto di solidarietà verso i giornalisti afghani, schiacciati fra l’incudine del terrorismo talebano e le logiche di guerra che limitano la libertà di informazione .Una decisa richiesta all’ ONU e all’Unione Europea perché voglia assumere la tutela della vita e del lavoro dei giornalisti come impegno essenziale per la tutela dei civili e il rispetto dei diritti umani sullo scenario internazionale “. Sono questi gli obbiettivi che si propone l’iniziativa Giornalisti a Kabul ( 3 maggio ore 11,30 , Sala del Gonfalone ) organizzata dall’associazione per la libertà di informazione Information Safety and Freedom in collaborazione con la Presidenza del Consiglio Regionale della Toscana in occasione della All’iniziativa , assieme a molti giornalisti italiani e stranieri che aderiscono a ISF , parteciperà Mir Haidar Mutahar, direttore del quotidiano indipendente afghano 'Arman-e-Millie' e membro dell’Associazione dei Giornalisti Afhgani. Sarà un’occasione per ascoltare una testimonianza diretta sulla situazione in Afghanistan , la condizione dei giornalisti e anche il modo come i colleghi di Kabul hanno vissuto la complessa vicenda del sequestro e della liberazione di Daniele Mastrogiacomo. “ Dopo quel sequestro – si legge in una nota di Isf – ci si chiede se sia ancora possibile praticare il mestiere di giornalista sia da parte degli inviati occidentali che da parte dei colleghi afgani. Si tratta di una pesante contraddizione sul percorso della costruzione di un sistema democratico di diritti che è l’obbiettivo della missione militare avviata in quel Paese da Onu e Nato . Lo stesso tragico paradosso si è già manifestato in Iraq , dove da due anni i giornalisti occidentali sono praticamente assenti e dove dall’inizio della guerra sono stati uccisi più di duecento giornalisti. Senza giornalisti le opinioni pubbliche non sono in grado di conoscere la realtà dei fatti e giudicare i propri governi. Senza libertà di stampa non c’è democrazia “.“ Nella Giornata Mondiale per la Libertà di Informazione – conclude la nota di ISF - non possiamo però non levare una forte e determinata protesta , anche contro le norme varate dal Garante per la Privacy e quelle sulle cronache giudiziarie approvate quasi all’unanimità dalla Camera dei Deputati . Si tratta di normative in atto solo nelle dittature o in Paesi a democrazia limitata “. Information Safety Freedom

Giornalisti ingabbiati


Danish Karokhel direttore di 'Pajhwok Afghan News' uno dei più autorevoli membri della comunità giornalistica afgana scrive a Articolo 21, che ne riferisce in una nota, per "lanciare un grido di allarme sulla situazione del giornalismo afgano. "Il barbaro omicidio di Ajmal Naqshbandi è solo l'ultimo episodio: la vita dei giornalisti afgani è diventata estremamente difficile: lo scorso anno 3 giornalisti sono stati uccisi e altri 50 hanno subito arresti, minacce, sevizie. Il giornalismo afgano è schiacciato nella morsa tra la violenza dei talebani e le minacce delle forze governative corrotte che non vogliono testimoni". "Un nuovo progetto di legge in discussione alla Camera Bassa (Wolesi Jirga) potrebbe ulteriormente ridurre la libertà dell'informazione". Danish Karokhel nella lettera afferma che "l'Afghanistan è a un bivio. Il rischio di regressione è concreto, e sarà tanto piu' accentuato se mancheranno alla stampa afgana le risorse e le condizioni per lavorare con libertà, al servizio della società afgana''. La lettera di Danish Karokhel

Sunday, April 29, 2007

Iraq, ferita celebre giornalista televisiva

E' gravemente ferita, ma non è morta la celebre giornalista irachena Amal al Moudarres, vittima questa mattina di un agguato davanti alla sua abitazione a Baghdad: lo ha affermato il caporedattore dell'emittente radio per la quale lavora. "E' viva ed è in condizioni stabili", ha detto il giornalista della radio 'Repubblica dell'Iraq', che ha chiesto di mantenere l'anonimato. Anche la stessa emittente Tv al Arabiya, che per prima ha diffuso la notizia dell'assassinio, ha poi riferito che sulla vicenda ci sono "notizie contraddittorie", affermando di aver appreso che la giornalista sarebbe gravemente ferita ma ancora in vita. In precedenza l'emittente Tv aveva detto che al Moudarres, che lavora dal 1964 sia alla televisione che alla radio, era stata assassinata da un commando mentre stava uscendo di casa per recarsi al lavoro. Ansa

Friday, April 27, 2007

Cambogia, ucciso reporter

Il corpo senza vita di Pov Sam Ath, 29 anni, caporedattore e fondatore del giornale 'Samleng Khmer Krom' (La voce dei Khmers Kroms), è stato ritrovato in una valigia, nella provincia di Kampong Speu (sud del Paese). L’autopsia ha indicato che l'assassino ha utilizzato i cavi dei freni di una bicicletta per strangolare il giornalista, che era conosciuto per i suoi articoli che trattavano difficili casi di attualità locale.(RSF)

Giornalista russa chiede asilo politico

Elena Tregoubova, ex cronista del quotidiano 'Kommersant', ha dichiarato di temere per la sua vita e chiesto asilo politico alla Gran Bretagna. Nel 2003 aveva pubblicato "Le favole di un esploratore del Cremlino", un libro nel quale la Tregoubova accusava il presidente Vladimir Putin di attentare alla libertà di espressione. «Rientrare in Russia sarebbe come suicidarsi» ha affermato durante un'intervista telefonica con la radio Echo di Mosca. (RSF)

Algeria, nuovi guai per Larbim


Il corrispondente del quotidiano francese Le Figaro, Areski Ait Larbim, sarebbe stato fermato all'aeroporto di Algeri e trasportato in un commissariato di polizia dal quale sarebbe stato in seguito rilasciato ma senza il passaporto. Già nel novembre scorso, grazie ad un'ampia mobilitazione di diverse personalità, come ricorda il quotidiano "Liberacion", il giornalista era riuscito a ottenere nuovamente il documento per l'espatrio. Afrique I giornalisti non hanno vita facile nemmeno in Algeria. Con riferimento alla storia di questo giornalista (che è molto lunga) in un sito ho letto "Se volete vivere in questo Paese splendido (Algeria), evitate di essere giornalista, avvocato od oppositore politico". Mericonci E io che ho chiesto anche il visto... (p.sc.)

Thursday, April 26, 2007

Partire

"Buongiorno, volevo sapere se almeno da lei riesco ad avere informazioni concrete riguardo come diventare reporter. non ho esperienza, ma lo desidero davvero tanto. il problema è che non so da dove cominciare. non m'interessa fare soldi o sedermi ad una scrivania, vorrei andare in giro per il mondo a capire le cose. è obbligatorio cominciare da un corso di laurea?? io preferisco farmi sul campo, prendere e partire, ma non so come da dove partire. Grazie". Cristiano

Vietnam, arrestata giornalista

Tran Khai Thanh Thuy, giornalista e scrittrice vincitore di premi internazionali, è stato recentemente arrestato. Thuy è stato presa in custodia sabato mentre si trovava nella sua residenza, dove era già agli arresti domiciliari. La scrittrice e giornalista è stata accusata di aver infranto l’articolo 88 del codice penale vietnamita, che proibisce la diffusione di informazione giudicate dalle autorità dannose per lo Stato. (CPJ)

Il solito Betulla

"Libero" è stato, fin dall'inizio, molto chiaro sul caso Mastrogiacomo: tutta colpa di Gino Strada e dei reporter di guerra! Ma questo articolo, che porta la firma di Renato Farina, supera davvero ogni limite del buon senso.

«Quando, pur rispettando queste norme di prudenza, capitasse comunque di finire nelle mani di bande di "resistenti", il giornalista - e qui siamo al vero e proprio testamento biologico - chiede comunque allo Stato di non trattare per la propria liberazione. Autorizza soltanto blitz armati. Dichiara sin d'ora che ritiene ignobile e offensivo per sè lo scambio di prigionieri. Infatti lo scambio di prigionieri sussiste solo nel caso ci siano due eserciti armati l'uno contro l'altro. I giornalisti invece, quando fanno il loro lavoro, appartengono esclusivamente al genere umano. [...] In caso di condotta giudicata temeraria da un giurì di magistrati, giornalisti e politici, ogni e qualsiasi spesa supportata dal nostro Stato, anche in caso di esito letale, sarà a carico in solido del giornalista, del direttore e dell'editore della testata che lo ha inviato sul posto.[...] Naturalmente, non potrebbe esserci una legge siffatta. Non è questo. Ma un patto tra gentiluomini, un testamento biologico, sarebbe un buon viatico per evitare future disgrazie. Si rifletta: gli unici bravi giornalisti senza paura capaci di fornire immagini di vera documentazione dell'orrore sono stati quelli dell'Ufficio stampa dei talebani.» Libero

E noi, poveri stronzi, che ce la prendiamo con le politiche di guerra, con chi le guerre le finanzia, con i produttori di armi, con le bombe sganciate sui civili... maddeché!!? Era tutta colpa dei giornalisti.... Vegekuu

Wednesday, April 25, 2007

L'inferno della Nigeria

Arrestati due giornalisti italiani in Nigeria. Si tratta di Manuele Piano e Marco Ricchello, free lance per Liberazione, ma autori anche di diversi servizi tv per televisioni italiane e siti internet. I due sono stati arrestati oggi dai servizi di sicurezza nigeriani ad Abuja e portati nella stazione di polizia di Oliver Tombo. Formalmente sono stati accusati di svolgere lavoro giornalistico pur essendo in possesso di un visto turistico, ma in realtà erano in possesso di un visto business che permetteva loro di lavorare nel Paese africano. Grazie all'intervento della Farnesina dopo qualche ora sono stati rilasciati.

Tanti anni fa, più o meno venti. Stavo in Nigeria per seguire la vicenda dei rifiuti tossici. In una discarica dalle parti di Benin city, nel porto di Koko, erano stati ammassati centinaia di bidoni provenienti dall'Italia. Scaricati, grazie alle complicità locali, da ditte italiane. Nel filmato quelle ditte erano individuabili e, dopo il servizio in televisione, l'allora pretore Amendola aprì un'inchiesta che portò alla condanna di quelle ditte. Anche noi, per fare quelle riprese, fummo costretti a pagare. Come fummo costretti a pagare appena entrati nel Paese solo per riavere il passaporto o per avere la stanza superprenotata dell'albergo. Poi a Lagos tentammo di seguire un'altra vicenda delicata: il sequestro da più di un mese di ventiquattro marinai italiani, bloccati su una nave mercantile. Forse legato alla storia dei bidoni tossici perchè il governo nigeriano voleva un risarcimento e teneva quei marinai come ricatto. La questione del sequestro era ufficiale e allora decidemmo di non pagare nessuna tangente. Ci mettemmo tranquillamente in fila. Dopo nove giorni estenuanti riuscimmo ad ottenere il permesso del ministro dell'informazione e del governatore della capitale. Pieni di pezzi di carta andammo allora al porto a riprendere la nave. L'operatore fece appena in tempo a tirare su la telecamera che ci arrestarono. Ricordo, nome lugubre, si presentarono come SSS: i servizi di sicurezza del presidente. Con potere su tutto e su tutti. Ci dissero: "Quella per noi è carta straccia". Ci tennero per un giorno in gattabuia e poi ci tolsero i passaporti in quello che era una specie di arresto domiciliare: chiusi nella stanza d'albergo con due ufficiali fuori la porta. Che però la notte andavano via convinti che ormai tanto non eravamo pericolosi (con il buio) e invece noi andavamo all'aeroporto a spedire i servizi girati dalla terrazza che stava proprio sopra il porto. La stessa sorte toccò anche a una troupe del Tg2 guidata dall'amico Stefano Marcelli che ora si batte per la libertà di stampa. Quell'avventura meriterebbe un lungo racconto come la grande paura di vivere a Lagos dove la vita non valeva una "naira", con gli italiani asserragliati dentro casa e la scoperta del mercato di carne umana. Dopo otto giorni ci mandarono via, per fortuna. Qualche giorno dopo mi arrivò in redazione a Roma una letterina dell'ambasciata nigeriana. Gentissima. Avvertiva: "Per il vostro bene non tornate mai più a Lagos, è un consiglio". Non ci sono più tornato. Dovevo tornarci due mesi fa, ma invece il destino mi portò a Kabul. Non so se ci ho guadagnato, ma tant'è: fare il reporter ormai non è più facile da nessuna parte.

Tuesday, April 24, 2007

Messico, un altro reporter ucciso

Il corpo senza vita di Saúl Martínez Ortega, 36 anni, giornalista del quotidiano 'Diario de Agua Prieta', rapito nella notte del 16 aprile da un commando armato nello Stato di Sonora (nord-ovest del Paese), è stato ritrovato da forze di polizia a tre ore di strada dal luogo dove era stato sequestrato. Il sequestro di Ortega seguiva di pochi giorni l'omicido nella città di Acapulco del giornalista Amado Ramírez, corrispondente del network Televisa. Entrambi i casi sembrano legati alla campagna di legalità lanciata recentemente contro i narcotrafficanti e rappresentano una terribile risposta della criminalità alle operazioni delle autorità federali che hanno portato in pochi giorni all'arresto di cento poliziotti accusati di corruzione e all'inchiesta che sta coinvolgendo nello Stato di Sonora lo stesso governo federale. (RSF)

Iraq, sfugge all'agguato

Sami Al-Douleimi, giornalista del settimanale Al-Bachara', è stato fatto oggetto di un attentato davanti alla sua abitazione, nella citta di Falluja. Una vettura gli ha sbarrato la strada mentre stava tornando a casa e gli assalitori gli hanno sparato vari colpi di arma da fuoco. Il giornalista è rimasto illeso mentre il nipote che lo accompagnava è morto sul colpo. Subito dopo, durante una conferenza stampa, il presidente del consiglio di amministrazione dello stesso giornale, Najem Abdallah, ha dichiarato di essere sfuggito ben due volte a tentativi di omicidio nei mesi scorsi. (RSF)

Iran, condannate quattro dissidenti

Fariba Davoudi Mahajer, ex collaboratrice di alcuni giornali riformatori oggi chiusi e dei siti internet Wechange, Zanestan e Meydaan, è stata condannata a un anno di prigione con l'accusa di "attentato alla sicurezza nazionale". Con la stessa accusa sono state condannate a sei mesi di prigione Sussan Tahmassebi, responsabile della versione inglese del sito Wechange, Noushin Ahmadi Khorasani, caporedattrice dei giornali 'Jense Dovom' (Secondo sesso) e 'Fasle Zana' (Il tempo delle donne), e Parvin Ardalan, giornalista di 'Jense Dovom' e del sito Zanestan. Tutte e quattro restano in libertà in attesa del processo di appello. Le quattro cybergiornaliste avevano partecipato alla campagna "Un milione di firme per ottenere la modifica delle leggi contro le donne" lanciata sul web.

La repressione azera


Azerbaijan, coda dell'ex Impero Sovietico. Un lembo di terra posto a cuscinetto tra Russia, Georgia, Armenia e Iran, con tanto petrolio da farlo circolare nelle vene fino a farle scoppiare. Ma dietro questa ricchezza, così coccolata da Bush, la terra sputa sangue, violazioni dei diritti umani e repressione. (…) Ciò che oggi stupisce maggiormente in Azerbaijan è il meccanismo delle condanne, che prevede anche i lavori forzati per i reati d'opinione. Dopo lo smembramento dell'Unione Sovietica, nell'area caucasica sono rimasti in vigore i vecchi codici penali, che prevedono pene severissime per tali reati. I gulag di un tempo rivivono nei nuovi campi di lavoro, dove sono internati giornalisti e intellettuali dissidenti. Elmar Huseynov, editore e fondatore del settimanale d'opposizione Monitor è stato assassinato sulla porta di casa a Baku. Samir Sadagatoglu, editore, e Rafiq Tagi, noto cardiologo e scrittore, sono stati arrestati per aver criticato il presidente degli scrittori cantore delle gesta del regime. In modo particolare il giornale Sanat, edito da Samir Sadagatoglu, aveva pubblicato un articolo dal titolo “L'Europa e noi”. In questo servizio veniva messo in discussione il ruolo dell'Islam nello sviluppo del paese. Nel testo si parla di arretratezza degli stati musulmani dell'area caucasica causata dall'oscurantismo della classe dirigente. Per la pubblicazione di questo articolo era anche stata chiesta la pena di morte da parte delle autorità islamiche. Anche i loro famigliari sono stati minacciati e vivono nel terrore di essere assassinati. Lo scontro con il governo è frontale. Le ultime disposizioni imbavagliano la stampa, rendendo l'informazione interamente controllata dal regime. Si chiudono giornali, si arrestano direttori di testate, si minacciano i loro parenti. Chi non vuole assoggettarsi alle nuove leggi pratica l'autocensura o viene arrestato. È noto il caso del giornalista Faramaz Novruzoglu condannato a 18 mesi di lavori forzati, chiamati ufficialmente “lavoro rieducativo”. È il vecchio spirito sovietico che riemerge nella sua drammaticità. L'Azerbaijan non è un caso isolato. Tutta l'area caucasica sta esplodendo: dall'Azerbaijan all'Uzbekistan, dalla Georgia al Tajikistan, dall'Armenia al Kazakistan al Turkmenistan. È la sfida che l'Occidente dovrà sostenere nei prossimi anni: la libertà contro la vittoria della barbarie. Emanuele Bettini PeaceReporter

Somalia. un inferno

Mogadiscio è un inferno. I tentativi di tregua tra il clan Hawiye, che controlla la città, e le forze del governo somalo di transizione svaniscono dopo pochi giorni: come sempre riprendono i combattimenti e si contano solo i cadaveri. “Sei colpi di granata non sono una casualità” dichiara Ali Iman Sharmarke, direttore dell'emittente televisiva HornAfrik, la cui sede è stata colpita sabato scorso da diverse granate. L'esplosione avrebbe danneggiato, oltre al parcheggio e a una cisterna d'acqua, l'antenna dell'emittente e quattro persone dello staff sono rimaste seriamente ferite, tanto da dover essere trasportate d'urgenza in aereo verso il Kenya per ricevere cure adeguate. Sharmarke rincara le accuse aggiungendo che “vi è la possibilità che l'intento delle truppe etiopi e del governo di transizione somalo fosse quello di negare al nostro pubblico internazionale la possibilità di vedere cosa sta accadendo in Somalia”. L'emittente era stata più volte criticata da autorità del governo e il fatto che membri dello staff facciano parte del clan Hawiye, il più potente in Mogadiscio, non ha certo migliorato la situazione. Sharmarke ha specificato: “Non possiamo negare il fatto che apparteniamo al clan Hawiye, ma questo non interferisce con il nostro lavoro giornalistico e sfido chiunque a trovare comportamenti o notizie che non seguano gli standard di professionalità e di etica lavorativa”. Non si tratterebbe del primo caso di intervento del governo nelle faccende mediatiche: dal dicembre scorso, ovvero dall'invasione delle truppe etiopi nel paese per scacciare il precedente governo delle Corti Islamiche, sono state molte le piccole emittenti locali costrette a chiudere. Il mese scorso il canale arabo al-Jazeera è stato costretto a sospendere le trasmissioni per non fomentare ulteriormente, secondo le accuse, la resistenza islamica a Mogadiscio. Il direttore di HornAfrik ha aggiunto: “Non tollerano che la Somalia abbia una libera informazione”. Le trasmissioni dovrebbero riprendere oggi, “sempre che non ci bombardino di nuovo”, conclude Sharmarke. Federico Frigerio PeaceReporter

Saturday, April 21, 2007

Pulitzer



Oded Bality, fotografo dell'Associated Press, ha vinto il premio Pulitzer per l'immagine di una colona ebrea che resiste alle forze di sicurezza israeliane impegnate nello sgombero in Cisgiordania. I giurati l'hanno definita una "forte fotografia". Parla la ragazza della foto, si chiama Nili e ha sedici anni.

I viaggi a rischio

"Il Governo italiano sta moltiplicando gli inviti alla cautela sia ai giornalisti che agli operatori umanitari affinché assumano tutte le precauzioni necessarie quando si trovano ad operare in aree di crisi". Lo ha detto il premier Romano Prodi, in un'intervista al quotidiano arabo Al Sharq Al Awsat. "In alcuni casi -ha spiegato- sconsigliamo vivamente, soprattutto ai giornalisti, di recarsi in alcune zone per evitare che forze terroristiche o insurrezionali possano perseguire i loro obbiettivi avvalendosi della pubblicità che inevitabilmente deriva dal rapire esponenti dei media. Non escludiamo, a questo riguardo, la messa a punto anche di guidelines interne ed internazionali che possano consentire di affrontare meglio questo tipo di situazioni". "Anche per il Libano potrebbe essere opportuno tracciare una road-map, uno strumento che consenta di pilotare pacificamente e senza scontri un'evoluzione positiva della situazione: una road-map che dovrebbe essere messa a punto dai libanesi stessi con il sostegno della comunità internazionale e della Lega Araba". Lo ha detto il premier Romano Prodi, in un'intervista al quotidiano arabo Al Sharq Al Awsat, parlando della situazione libanese. "L'applicazione della risoluzione 1701 -ha spiegato- la convocazione del Parlamento, la ricomposizione del pieno organico del Governo libanese, la creazione del Tribunale internazionale per l omicidio dell ex Premier Hariri, la definitiva composizione delle vertenze territoriali ed i successivi passaggi istituzionali della politica libanese dovrebbero rappresentare i numerosi tasselli di questa road-map per giungere a soluzioni che favoriscano la stabilità, nel costante rispetto e prevalenza della regola del dialogo. Una road-map nella quale deve trovare posto anche la liberazione dei due prigionieri israeliani". Ansa

Thursday, April 19, 2007

Cuba, un altro dissidente in prigione

Oscar Sánchez Madan, 44 anni, corrispondente del sito Cubanet, al termine di un frettoloso processo, svoltosi a porte chiuse e senza la presenza dell'avvocato difensore, è stato condannato a una pena di quattro anni con l'accusa di "pericolosità sociale premeditata". Secondo questa strana disposizione del codice penale, qualsiasi cittadino, anche se non ha commesso alcun delitto, è passibile d'incarcerazione in quanto potenziale minaccia per la società. Madan è attualmente il 26simo giornalista detenuto nell'Isola. (RSF)

Iraq, impossibile lavorare

Durante un incontro svoltosi a Ginevra, l'Unione dei Giornalisti iracheni ha accusato la comunità internazionale di non fare nulla per proteggere i suoi membri contro il regime di terrore che ha causato centinaia di morti. Il Segretario Generale del sindacato, Moaud Allamy, ha affermato che le continue uccisioni di giornalisti in Iraq stanno mettendo in pericolo la libertà di stampa nel Paese, e che almeno il 40 per cento delle 5 mila persone attive nel mondo dei media in Iraq sono in pericolo. "Se la situazione continua a deteriorarsi rimarranno solo i media ufficiali iracheni e quelli protetti dalle forze della coalizione", ha messo in guardia Allamy, aggiungendo che le Nazioni Unite non hanno fatto nulla per proteggere i giornalisti iracheni e le loro famiglie. Fino a sabato la delegazione, composta da sette giornalisti, incontrerà a Ginevra degli ambasciatori e dei responsabili delle agenzie dell'Onu – fra cui l'Alto Commissario per i diritti umani Louise Arbour - a cui chiederà un maggiore sostegno. "Sotto l'ex-dittatore Saddam Hussein non vigeva alcuna libertà di stampa. Dalla fine del suo regime è stata instaurata la libertà, senza però garantire la sicurezza", ha aggiunto Allamy. "Ci uccidono perché diciamo la verità". Il membro della delegazione dei giornalisti ricorda che lui e i suoi colleghi vivono nel terrore. "Ogni giorno non sappiamo se potremo tornare a casa", ha spiegato il redattore capo del giornale al Sabah(Il mattino), Jihad Aldin Ali Zayer Hussein al Hreshawi. "L'accesso alle fonti di informazione è sempre più difficile, perché la nostra libertà di movimento è vieppiù limitata", ha aggiunto. Attualmente i giornalisti rapiti e non ancora liberati sono quattordici. Hreshawi ha raccontato di essere stato costretto a vendere la propria casa per pagare il riscatto per la liberazione di suo figlio, dopo tre mesi di negoziati con i suoi rapitori. Dal canto suo il redattore capo del quotidiano al Haqaiq, Daud Salman Hamzah al Ganabi, ha detto che cambia domicilio ogni volta che è minacciato di morte. Suo figlio non frequenta più la scuola dopo essere stato vittima di un tentativo di rapimento. Allamy ha auspicato che la comunità internazionale, il governo di Baghdad, e le forze della coalizione forniscano maggiori garanzie ai media in Iraq. "Le autorità devono aiutarci a ritrovare gli autori dei rapimenti e a perseguire i criminali responsabili di assassini", ha detto, sottolineando che nel Paese l'impunità è totale. (Swiss Info)

Messico, giornalista rapito

Saúl Martínez Ortega, 36 anni, giornalista del quotidiano 'Diario de Agua Prieta', è stato rapito da un commando armato nello Stato di Sonora (nord-ovest del Paese). E' la seconda volta nel 2007 che un giornalista viene sequestrato nello stesso Stato federale, dopo il caso di Rodolfo Rincón Taracena, del quotidiano 'Tabasco Hoy', rapito lo scorso gennaio. Il sequestro di Ortega segue di pochi giorni l'omicido nella città di Acapulco del giornalista Amado Ramírez, corrispondente del network Televisa. Entrambi i casi sembrano legati alla campagna di legalità lanciata recentemente contro i narcotrafficanti e rappresentano una terribile risposta della criminalità alle operazioni delle autorità federali che hanno portato in pochi giorni all'arresto di cento poliziotti accusati di corruzione e all'inchiesta che sta coinvolgendo nello Stato di Sonora lo stesso governo federale.(RSF)

Wednesday, April 18, 2007

E a Kabul arriva la censura


A Kabul più di cinquanta uomini armati del decimo distretto di polizia, sotto ordine diretto del procuratore generale Abdul Jabar Sabet, hanno circondato gli uffici di Tolo Tv a Wazir Akbar Khan. La polizia è entrata nei locali dell’emittente e ha attaccato violentemente lo staff , arrestando tre impiegati. Secondo l’accusa, Tolo Tv avrebbe riportato senza sufficiente cura i commenti del procuratore generale nel corso di una conferenza stampa. PeaceReporter

Due anni fa fu uccisa una conduttrice di Tolo Tv La ragazza senza burka - Per il governo afghano la liberazione di Clementina Cantoni e' vicina ma intanto arriva la minaccia di un ultimatum per questa sera e anche i servizi segreti italiani sono convinti che bisogna fare in fretta. La situazione non e' chiara, ma non si puo' far altro che aspettare. Ma la notizia che oggi mi ha inquietato e' l'uccisione di Shaima Rezayee, poco piu' che una ragazzina, presentatrice di una tv afghana. Un colpo alla testa, un'esecuzione per una delle poche giovani che stavano tentando di uscire dalla cultura del burka. Una notizia arrivata da un medico italiano, Marco Geratti, che se non sbaglio lavora per "Emergency". Altrimenti un fatto di sangue cosi' grave sarebbe rimasto nascosto. Perche' c'e' ancora chi vuol far credere che a Kabul c'e' la pace. Ricordo di quando Shafique, il mio fidatissimo driver, mi raccontava di tanti omicidi, anche nelle hall degli alberghi, mai denunciati dalla polizia afghana. Qualche ora fa mi ha chiamato, lo fa regolarmente. Gli ho chiesto come va. "Malissimo" mi ha risposto. 18 maggio 2005

Tuesday, April 17, 2007

La stampa come strumento di crescita

"Ho appreso con grande soddisfazione della iniziativa “Una Borsa di Studio intitolata ad Ajmal” lanciata da Articolo21". L'Ambasciatore italiano a Kabul Ettore Sequi esordisce così nella lettera inviata alla nostra assocazione che ha proposto una borsa di studio intitolata all'interprete del giornalista di Repubblica. "Già durante il rapimento di Daniele Mastrogiacomo, Ajmal Nakshbandi e Seyed Agha - scrive Sequi - in occasione di un incontro tra i mezzi d’informazione italiani e quelli afghani, in Ambasciata, avevo lanciato un appello ai nostri giornalisti affinché promuovessero iniziative concrete di assistenza e collaborazione a favore dei loro colleghi afghani. I giornalisti afghani operano in un contesto difficilissimo e rischioso, tra problemi di ogni genere..." Essi rappresentano una delle componenti più attive e ammirevoli di quella parte della Società afgana che opera concretamente a favore della sviluppo della ancor gracile democrazia di questo sfortunato Paese e che la Comunità internazionale ha il compito e la responsabilità di sostenere. Anche in Afghanistan la stampa rappresenta uno strumento indispensabile di crescita civile. Essa svolge un ruolo cruciale nel consentire l’accesso del pubblico all’informazione e, dunque, nel favorire lo sviluppo della società civile e la sua la partecipazione consapevole alla riedificazione democratica del Paese."D’altro lato - prosegue Sequi - la crescita e lo sviluppo di un sistema di informazione efficace e indipendente passa anche attraverso la formazione professionale. Pertanto, la istituzione di una Borsa di Studio intitolata ad Ajmal Nakshbandi rappresenta, a tal fine, un contributo significativo che, mi auguro, possa essere ampliato in futuro". "Sono grato in particolare a Duilio Giammaria - conclude l'Ambasciatore - che, con grande sensibilità, ha ideato questa iniziativa alla quale, fin d’ora, assicuro il sostegno dell’Ambasciata d’Italia a Kabul e mio personale". Articolo21

Inviato in galera


Il 7 aprile del 2006 il collega Mario Spezi veniva arrestato per ordine della Procura di Perugia nell'ambito dell'inchiesta sull'omicidio dell'avvocato Narducci e gli omicidi del mostro delle coppiette di Firenze. "Information Safety and Freedom" pubblica uno stralcio del primo capitolo del libro che Spezi ha dedicato alla sua vicenda.
"Mi hanno tolto anche l'orologio. E’ buio. Credo che siano più meno le dieci di questo rintronato venerdì 7 aprile. Alle mie spalle esplodono, uno di seguito all'altro, i colpi delle due porte metalliche che vengono chiuse. La prima è solo a sbarre; la seconda - il "blindato" – è tutta di ferro, con lo spioncino quadrato al centro, giusto all'altezza degli occhi. E’ un rumore che va oltre le orecchie, che comincia a scorrere freddo nelle vene, entra nel cervello, poi, nel cuore. Lo so da subito: non uscirà più da me, resterà in circolazione come un virus che si può tenere sotto controllo, eliminare, mai". (…) Mario Spezi segue

Arabia Saudita contro internet

Il sito dostor-islami, sul quale circolava una petizione che criticava il governo, è stato reso inaccessibile nel Paese. La petizione accusava il governo di minacciare di licenziare i funzionari di Stato che volessero esprimere una qualunque idea contraria alla politica del Paese. Del resto, l'auspicata creazione di un consiglio nazionale per il web, diretto dallo stesso ministero dell'Interno, dà l'idea di che aria tira in Arabia Saudita rispetto al web e al desiderio delle autorità di filtrare al massimo le informazioni che i cittadini possono leggere sulla rete. L'Arabia Saudita è considerata tra i principali nemici di Internet al mondo, facendo buona compagnia alla Cina e alla Corea del Nord.

Albania, giornalisti in piazza

Circa 100.000 persone si sono radunate sulla piazza principale di Tirana per protestare contro la pressione che il governo sta esercitando sui media. Il Primo ministro Sali Berisha aveva recentemente accusato alcuni tra i media di essere al servizio della mafia albanese. La giustizia ha aperto, alcune settimane fa, inchieste su eventuali evasioni fiscali dei media. Rappresentanti della stampa hanno dichiarato che tali controlli erano stati per punire i media che criticano il governo. (Reporters sans frontières)

Monday, April 16, 2007

Un altro morto ad Haiti

Johnson Edouard, corrispondente del settimanale 'Haiti Progrès' e portavoce locale del partito Fanmi Lavalas è stato assassinato nella città di Gonaïves (nord-ovest del Paese). Due sconosciuti sono penetrati nel suo appartamento e gli hanno sparato parecchi colpi alla testa e al torace. Il 19 gennaio era stato ucciso il fotografo freelance Jean-Remy Badio nei pressi della capitale haitiana, Port-au-Prince, anche lui all'interno della sua abitazione. Rsf

Tritolo per Dejan




"Ritornano gli anni novanta". "Si torna al periodo della dittatura". "Tornano gli anni di piombo". Sono solo alcune delle reazioni di alcuni politici, giornalisti e attivisti per i diritti umani al brutale attentato avvenuto nella notte tra venerdì e sabato scorso al giornalista del settimanale “Vreme”, Dejan Anastasijevic. Due bombe piazzate sotto la finestra dell’abitazione del redattore di “Vreme”, a Belgrado. La prima è esplosa alle 2.50 del 14 aprile, proprio sotto la finestra della camera da letto dove dormivano Dejan, la moglie e il figlio. L’esplosione ha mandato in frantumi la finestra e la facciata dell’abitazione, mentre il secondo ordigno non è esploso. Fortunatamente nessuno è rimasto ferito. Osservatorio Balcani

Ma è vero che siamo matti?

Francavilla, 17 ottobre 2004 - Quando me l'hanno presentata, la signora Beatrice, la madre di Antonio Russo, mi ha chiesto. "Senta, ma mio figlio non era un po' matto?". E io, istintivamente: no, assolutamente normale. La "normalita'" dei reporter ha occupato tutta la giornata. Attraverso i nostri racconti, e i ricordi di Antonio e di Enzo ma anche di Ilaria e degli altri, si e' disegnata la figura di questi "matti" che vanno in giro per il mondo a raccontare quello che avviene, pagando spesso con la vita. Noi lo sappiamo, cioe' sappiamo perche' ci andiamo, ma certe manifestazioni sono importanti perche' forse lo capiscono finalmente anche gli altri, quelli che non ci vanno.

Mi si accapona la pelle, recuperando i ricordi. Anna l'ho conosciuta tre anni fa a Francavilla, proprio per il premio dedicato a Russo. Molto li accomunava, soprattutto quella battaglia coraggiosa contro le infamie dell'esercito di Putin. Gentile, discreta, sorridente sembrava una tranquilla signora della nuova società moscovita. E invece era una cronista cocciuta, senza paura. Talmente brava che per farla star zitta l'hanno dovuta uccidere, bastardi.

Anna & Antonio





Un blog dedicato ad Antonio Russo e Anna Politkovskaya, vittime dell'inferno Cecenia.

Sunday, April 15, 2007

Ucciso Alan Johnston?




Sono ore di incertezza sulla sorte del giornalista della Bbc Alan Johnston, 44 anni, rapito il 12 marzo scorso a Gaza. Un’agenzia di stampa palestinese ha ricevuto un comunicato trasmesso via internet - la cui autenticita' non e' stata confermata - nel quale un gruppo armato finora sconosciuto, le 'Brigate della jihad e del tawahid', afferma che il giornalista sarebbe stato ucciso. Il portavoce del ministero degli interni palestinese ha detto di "non ritenere credibile" l' annuncio poichè il comunicato sarebbe stato diffuso "da gente che ha interesse a creare una situazione di anarchia". Il rapimento di Johnston risulta atipico rispetto ai precedenti sequestri di giornalisti o volontari stranieri a Gaza, quasi tutti liberati dopo poche ore dai miliziani palestinesi. Il Foreign Office sta "esaminando con urgenza" le notizie provenienti dal Medio oriente. La bbc non ha ancora dato notizia del comunicato. Ansa

Un altro reporter russo avvelenato




Intanto vorremmo sapere e capire come e perchè è stato ucciso un altro giornalista russo, Vyacheslav Ifanov (29 anni) della 'Novoye Televideniye Aleiska'. Le autorità russe parlano di 'suicidio da avvelenamento...' rdn Committee to Protect Journalist
"Dalla caduta dell’Unione Sovietica sono stati uccisi oltre 40 giornalisti (fra questi non dobbiamo mai dimenticare Antonio Russo di Radio Radicale). Dodici reporter sono stati eliminati nell’era Putin. Su quanti di questi delitti è stata fatta luce?" Isf

Ancora morti in Iraq

Una giornalista radiofonica irachena è stata assassinata insieme al marito a Mosul, nel nord del Paese, da ignoti aggressori che hanno poi fatto scempio dei cadaveri, caricandoli a bordo della loro auto e dandovi fuoco, così da carbonizzarli. Lo ha denunciato l'Associazione Irachena per la Difesa dei Giornalisti, un organismo umanitario di categoria, che ha identificato la collega uccisa come Iman Yussef Abdallah; lavorava per un'emittente organo del movimento sindacale cittadino. L'Associazione ha sollecitato il governo di Baghdad a prendere provvedimenti per garantire l'incolumità dei giornalisti che operano in Iraq, sempre più spesso presi di mira da guerriglieri e terroristi: dal marzo 2003, quando ebbe inizio l'invasione per rovesciare il regime di Saddam Hussein, in Iraq hanno perso la vita in circostanze violente oltre centocinquanta operatori dell'informazione, nel 95 per cento dei casi cittadini iracheni. Nel 2007 sono già 18 gli operatori dei media uccisi nel Paese.

Orrore in Afghanistan













L'omicidio di Sayed

In carcere da un anno

In una lettera indirizzata a Robert Gates, segretario Usa alla Difesa, l’organizzazione Reporters sans frontières ha denunciato il mantenimento in stato di detenzione del fotografo Bilal Hussein, 35 anni, che lavorava per l’agenzia di stampa Associated Press, incarcerato da più di un anno nel carcere di Camp Crooper (vicino alla capitale). “Molti giornalisti - si legge nella denuncia - sono stati arrestati dall’inizio della guerra in Iraq dalle forze di occupazione. Quasi tutti sono stati detenuti per parecchi mesi prima di essere rilasciati senza che le accuse fossero mai provate. Niente oggi può giustificare la detenzione di Bilal Hussein, che secondo il suo avvocato non è stato più interrogato dal maggio 2006. Il giornalista, accusato di aver avuto rapporti con gli insorti che lo avrebbero autorizzato a scattare fotografie sulla ribellione irachena, è stato definito dal giudice che lo ha inquisito “una minaccia assoluta per la sicurezza”. Nessuna altra prova è mai stata fornita per giustificare la sua colpevolezza”. Isf

La cara, vecchia June Callwood

Vengo a sapere proprio ora grazie a una e-mail arrivata da Montreal (Canada, Quebec) della morte di June Callwood, la più autorevole giornalista canadese. June aveva 82 anni, e era conosciuta come ‘ la coscienza del Canada. Nel 2004 scoprì di essere stata colpita da una crudele forma di cancro, con un alzata di spalle rifiutò ogni cura, ‘non ho tempo da perdere con medici e lettini di ospedale’ amava ripetere, ‘ho da fare io, ho ancora mille cose da fare…mica posso stare appresso a qualche stupido camice bianco…’. Attivista dei diritti umani e ‘madre’ dei diritti civili canadesi, si battè fin dagli anni 60 contro la guerra in Vietnam (è grazie a lei e alla sua battaglia se il governo canadese approvò la famosa legge che concedeva asilo ai soldati americani in fuga dalla guerra), perchè fossero riconosciuti uguali diritti a tutte le minoranza etniche e religiose presenti nel suo sterminato Paese. Autrice di più di trenta libri e saggi sulla povertà nei paesi ricchi è stata la fondatrice dell’Associazione dei giornalisti canadesi; del primo centro per la tutela dei diritti delle ragazze madri; della prima comunità dove potevano trovare riparo e difesa tutte le donne abusate; della prima struttura dove potevano trovare cure gratuite e adeguate i poveri malati di AIDS. E’ riuscita a far passare leggi nel parlamento canadese quali l’aborto e la cancellazione della pena di morte anche dai codici militari. Negli ultimi anni aveva fondato due associazioni che battevano contro la guerra in Iraq e per il ritiro delle truppe canadesi dall’Afghanistan; era appena tornata dalle isole Prince Edward dove era andata a picchettare i moli dove facevano ritorno - dopo la mattanza di cuccioli - le navi dei cacciatori di foche. Aveva in programma un viaggio in Africa dove con un associazione aveva adottato a distanza oltre mille bambini di otto Paesi sub-sahariani. L’hanno trovata due sue assistenti con la testa riversa sulla tastiera del pc: sul monitor il testo di una lettera di protesta indirizzata al governo contro l’ipotesi di una modifica (in senso più ‘permissivo’) delle leggi sulle armi in vigore in Canada… Come avrebbe mai potuto trovare del tempo per ’stare appresso a quei camici bianchi’ la vecchia June? Roberto di Nunzio