Monday, September 17, 2007
Egitto, condannati ai lavori forzati
Un anno di lavori forzati, 25mila lire egiziane (circa 2.500 euro) e 10mila lire egiziane (circa 1.300 euro) di cauzione. Durissima la condanna emessa da un tribunale del Cairo nei confronti di 4 direttori di giornali. Secondo la sentenza, Abdel-Halim Qandil (settimanale “Karama”), Ibrahim Issa (nella foto, quotidiano “El Dostur”), Adel Hammouda (settimanale “Al Fagr”) e Wael Al-Abrashi (quotidiano “Sawt al-Umma”) sono colpevoli di “aver nuociuto alla reputazione della Nazione, diffondendo consapevolmente notizie false e tendenziose”. Avverso la sentenza, i quattro giornalisti egiziani hanno deciso di presentare ricorso. Intanto, Ibrahim Issa, direttore di “Al-Dostur”, quotidiano vicino ai Fratelli Musulmani, fra pochi giorni dovrà comparire di nuovo in tribunale, per aver dato risalto alle voci che, alla fine di agosto, davano insistentemente per morente, se non già addirittura cadavere, il presidente egiziano Hosni Mubarak. Voci, subito rimbalzate all’estero, che avevano poi costretto lo stesso Rais a comparire in pubblico e in TV per dimostrarne l’infondatezza. All’origine della condanna dei 4 giornalisti c’è la denuncia di Ibrahim Rabe’a Abdel-Rasul, un oscuro avvocato, membro dell’onnipotente Partito Nazional-Democratico. L’accusa: aver diffamato, con una serie di articoli pubblicati fra luglio e settembre 2006, il presidente egiziano Mubarak, suo figlio Gamal (vice-segretario generale del Partito), il Primo Ministro Ahmed Nazif e il Ministro dell’Interno. In realtà, gli articoli si limitavano a tentare di far luce sulle oscure manovre (e gli intrighi all’interno del partito) per la successione di Hosni Mubarak, e per averne indicato proprio il suo rampollo Gamal (44 anni) come il più probabile erede alla presidenza. Malgrado le recenti, timide aperture del regime nei confronti della stampa scritta (per la TV egiziana c’è ancora molto da attendere) quello della successione è tuttavia ancora uno dei tabù più inattaccabili: nessuno, per alcun motivo, ha il diritto di criticare il capo dello Stato e il suo “entourage” più stretto. Condannando quattro notissimi esponenti della stampa cosiddetta indipendente, il messaggio è apparso a tutti chiarissimo. Marc Innaro Articolo21
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