Tuesday, April 24, 2007

La repressione azera


Azerbaijan, coda dell'ex Impero Sovietico. Un lembo di terra posto a cuscinetto tra Russia, Georgia, Armenia e Iran, con tanto petrolio da farlo circolare nelle vene fino a farle scoppiare. Ma dietro questa ricchezza, così coccolata da Bush, la terra sputa sangue, violazioni dei diritti umani e repressione. (…) Ciò che oggi stupisce maggiormente in Azerbaijan è il meccanismo delle condanne, che prevede anche i lavori forzati per i reati d'opinione. Dopo lo smembramento dell'Unione Sovietica, nell'area caucasica sono rimasti in vigore i vecchi codici penali, che prevedono pene severissime per tali reati. I gulag di un tempo rivivono nei nuovi campi di lavoro, dove sono internati giornalisti e intellettuali dissidenti. Elmar Huseynov, editore e fondatore del settimanale d'opposizione Monitor è stato assassinato sulla porta di casa a Baku. Samir Sadagatoglu, editore, e Rafiq Tagi, noto cardiologo e scrittore, sono stati arrestati per aver criticato il presidente degli scrittori cantore delle gesta del regime. In modo particolare il giornale Sanat, edito da Samir Sadagatoglu, aveva pubblicato un articolo dal titolo “L'Europa e noi”. In questo servizio veniva messo in discussione il ruolo dell'Islam nello sviluppo del paese. Nel testo si parla di arretratezza degli stati musulmani dell'area caucasica causata dall'oscurantismo della classe dirigente. Per la pubblicazione di questo articolo era anche stata chiesta la pena di morte da parte delle autorità islamiche. Anche i loro famigliari sono stati minacciati e vivono nel terrore di essere assassinati. Lo scontro con il governo è frontale. Le ultime disposizioni imbavagliano la stampa, rendendo l'informazione interamente controllata dal regime. Si chiudono giornali, si arrestano direttori di testate, si minacciano i loro parenti. Chi non vuole assoggettarsi alle nuove leggi pratica l'autocensura o viene arrestato. È noto il caso del giornalista Faramaz Novruzoglu condannato a 18 mesi di lavori forzati, chiamati ufficialmente “lavoro rieducativo”. È il vecchio spirito sovietico che riemerge nella sua drammaticità. L'Azerbaijan non è un caso isolato. Tutta l'area caucasica sta esplodendo: dall'Azerbaijan all'Uzbekistan, dalla Georgia al Tajikistan, dall'Armenia al Kazakistan al Turkmenistan. È la sfida che l'Occidente dovrà sostenere nei prossimi anni: la libertà contro la vittoria della barbarie. Emanuele Bettini PeaceReporter

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