Saturday, May 05, 2007

La lezione di Montanelli


Ciò che distingue scrittore da scrittore e crea fra di essi una scala di valori è il modo in cui questa ambizione viene perseguita. Io non ho la pretesa di esporre delle teorie sul piano filosofico. Io sono soltanto un mestierante. Ma un mestierante che, esercitando il suo mestiere da oltre 65 anni, è probabile che alcune cose le abbia capite.

PRIMA REGOLA - La prima cosa da conquistare come condizione di tutte le altre conquiste è la fiducia del lettore (sto parlando naturalmente dei cosiddetti mass media, non di letteratura, poesia, eccetera dove vigono altre regole). E questa conquista la si fa non ricorrendo mai ai falsi, che prima o poi vengono scoperti, e da quel momento è meglio cambiar mestiere. L’idea di conquistare il lettore con le montature sensazionalistiche dei fatti può funzionare sulla breve distanza. Su quella lunga, procura solo discredito. Sia chiaro che, quando si deve riferire su un fatto mentre accade, si può cadere in qualche inesattezza. Niente paura. Se, appena te ne accorgi, lo riconosci pubblicamente e ne chiedi scusa al lettore, questi ti perdona.

SECONDA REGOLA - Seconda regola. Parlare al lettore nella sua semplice lingua, non in quella sussiegosa dell’Accademia, peste e dannazione di una cultura come quella nostra che per questo non è mai riuscita a diffondersi come sarebbe stato suo primo dovere di fare. Noi dobbiamo essere e restare al servizio del lettore, e in senso non astratto, ma concreto in quanto è lui che ci mantiene comprando i nostri giornali e libri. Ciò non vuol dire secondarne gli errori o almeno quelli che a noi sembrano tali. Significa soltanto cercar di correggere l’errore senza mancare di rispetto a chi lo commette.

TERZA REGOLA - Terza regola, un po’ ruffianesca. Nel resoconto di un avvenimento, non far sentire al lettore l’opinione che te ne sei fatto. Che te ne sia fatta qualcuna, è inevitabile; e chi lo nega, o è un imbecille o è un bugiardo. Ma non si può né si deve imporla al lettore; bisogna lasciargliela suggerire dai fatti secondo il modo in cui gli si raccontano. I fatti vanno raccontati tutti: chi ne censura qualcuno è un disonesto che come tale prima o poi viene smascherato. Ma anche facendolo col massimo scrupolo, e perfino usando le stesse parole, si possono dire cose diverse, e anzi opposte. Per esempio, se io dico di qualcuno: «È una grande canaglia, ma molto intelligente», dico che la sua intelligenza fa premio sulla canaglieria e quindi ne do un giudizio in fondo positivo. Se dico: «È intelligente, ma una grande canaglia», ne do un giudizio negativo. Ecco: questa scelta dell’ordine dei fattori è l’unico arbitrio che noi «comunicatori» possiamo consentirci nei nostri resoconti su uomini e fatti. Indro Montanelli Questo testo è pubblicato nel volume «Come si scrive il Corriere della Sera» (Edizioni Rizzoli)


Montanelli e’ morto sei anni fa. Non ho mai avuto la fortuna di conoscerlo di persona. Ma gli ho scritto. Fu, molto tempo fa, dopo la liberazione del piccolo Farouk, ricordate? Io avevo dato la notizia in anteprima raccogliendo le confidenze del superbandito Graziano Mesina. Ci furono polemiche. Mi salvarono alcune grandi firme. Intanto, Montanelli che fece addirittura un editoriale su “Il Giornale” che allora dirigeva per difendermi. Lo conservo, naturalmente, per i nipotini. Gli scrissi allora una lettera di ringraziamento, piu’ o meno di questo tenore: “Molte grazie, ma in fondo Le spettava. Se faccio questo mestieraccio la colpa e’ Sua. E’ lei che mi ha trasmesso la passione”. E’ vero.

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